Per la verità lo fa molto spesso, che si abbiano quattordici anni, diciassette, ventiquattro o quasi ventisei.
E allora è in questi momenti che si deve far vedere di che stoffa si è fatti.
Che bisogna fare i conti in primo luogo con se stessi e con l'immagine di sé che ci si è fatti fino a quel momento.
E in questo fare i conti io non posso che tornare indietro, ancora una volta, a quel gennaio 2008 ad Andrea. Perché veramente io gli devo tutto ciò che sono ora.
Da quel giorno ho imparato a cambiare, ho imparato a non subire la vita, a prendermi dei rischi, a non sprecare, specialmente il tempo.
Ho imparato a sorridere di più, ma anche a piangere di più. Anzi, a piangere meglio. Mi capite?
C'è stato un tempo, che ora appare come una macchia sfumata nella mia mente, in cui io volevo scappare, in cui credevo che arrendersi era l'unica soluzione, in cui io ero bravissima ad odiare. E forse la persona che odiavo di più ero io.
C'è stato un tempo in cui Silvia si nascondeva così bene che non sembrava neppure lei. Silvia che mentiva, Silvia che si faceva schiacciare dalle parole ben confezionate di un bravo oratore, Silvia che litigava con suo fratello, Silvia che voleva male alla sua mamma.
Mi vergogno oggi di quella Silvia. Mi vergogno perché non mi riconosco più in quella Silvia.
Credevo di essere una luna, ma mi sbagliavo.
Di che stoffa sono fatta? Io sono una stella.
Silvia è una stella.
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