Se qualcuno ti fa leggere, di quel qualcuno automaticamente vale la pena di scrivere.
L'aereo è incredibilmente in orario, cosa strana,soprattutto dopo l'esperienza di tre giorni fa quando il volo di andata ha ritardato di più di due ore. Davanti al gate non mi guardo troppo in giro, sono occupata dal pensiero di sedermi sulla valigia evitando di romperla e le tre passeggere milanesi esattamente davanti alla mia visuale parlano sufficientemente ad alta voce da attirare la mia attenzione, senza bisogno di cercare altri punti di interesse.
Imbarcate sul volo delle 10:00, come al solito il mio posto è quello centrale a destra: niente finestrino, niente corridoio. La mia visuale umana si riduce ai mie due compagni di fila, agli assistenti di volo che percorrono il corridoio in lungo e in largo e il passeggero al posto corridoio della fila sinistra avanti di una alla mia.
A sinistra la mia compagna di viaggio, a destra (come al solito, anche questa volta) un uomo di mezz'età di scarsissimo interesse. Penso che il ragazzo col braccio tatuato, unico altro passeggero nella mia visuale, sarebbe stato un fantastico vicino di posto.
Poi i passeggeri spariscono tutti, i miei sensi si focalizzano sul leggero movimento del sedile, le ali che si aprono per prepararsi al decollo, il rumore dei motori pronti a dare il massimo per combattere anche questa volta la forza di gravità. Amo il momento del decollo, per pochi secondi mi sento come a Gardaland.
Il viaggio di ritorno inizia. Leggo la rivista di bordo della Ryanair, faccio un mentale breve bilancio della vacanza, proseguo di un paio di capitoli il libro di didattica della matematica che ho portato con me. Il mio passeggero preferito, in tutto questo, resta sempre nel mio campo visivo, fino a quando i due passeggeri al suo fianco non decidono di cambiare posto. Il ragazzo allora slitta sul sedile vicino al finestrino, rimanendo solo.
Il viaggio di ritorno inizia. Leggo la rivista di bordo della Ryanair, faccio un mentale breve bilancio della vacanza, proseguo di un paio di capitoli il libro di didattica della matematica che ho portato con me. Il mio passeggero preferito, in tutto questo, resta sempre nel mio campo visivo, fino a quando i due passeggeri al suo fianco non decidono di cambiare posto. Il ragazzo allora slitta sul sedile vicino al finestrino, rimanendo solo.
Non so quale strana spinta di intraprendenza mi fa alzare dal sedile per raggiungerlo. Cerco di iniziare la conversazione in modo spigliato e disinvolto, anche se credo che un discreto osservatore non si sarebbe fatto sfuggire qualche espressione traditrice sul mio viso.
Tra un misto di imbarazzo e sicurezza mi guadagno un nuovo posto sull'aereo: io e Sebastiano chiacchieriamo di Salonicco, del volo di andata, del lavoro, di matrimoni, di libri e film, di fratelli, di case e di viaggi passati. Lui si rivela non solo di bell'aspetto, ma anche piuttosto interessante.
Lo strano effetto che fa incrociare lo sguardo con uno sconosciuto resta sempre una cosa inspiegabilmente potente.
La seconda ora di viaggio trascorre velocemente, attraversiamo le nuvole di Bergamo, il carrello delle ruote per l'atterraggio viene abbassato, il mio nuovo vicino di posto mi consegna il suo biglietto da visita.
L'aereo atterra, ci stringiamo la mano, un sorriso veloce, recuperiamo i bagagli a mano e poi via, ognuno per la propria strada, come corpi celesti le cui rotte si sono passate vicino giusto per un attimo per poi tornare ad allontanarsi, quasi come nulla fosse.
Quasi come nulla fosse.
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